ALCUNE "STRÒPPELE"

 

A Roma fève glie strùmmele,

a Napele glie vève a vénne:

oh, cómme suó féssa gli uómmene

che vèv’appréss’alle fémmene!

                *

Carnevale assutte assutte

che ‘na còssa de presutte,

che ‘na mazza de quergnale[1]

trème[2] ‘ncape a Carnevale.

               *

Checcure, mia checcure,

quanta pénne puórte ‘ncure?

Ie ne porte vintequattre,

une, duie, tré i quattre.

                *     

Chi magna pelènta i béve all'acqua,

aza la cossa i la pelènta scappa.

                *                 

Ciocca pelata che trènta capiglie,

tutta la notte ce canta glie riglie,  

i glie riglie c'è cantate,   

bona notte, ciocca pelata.

                *               

Fiquera crètte[3] 

‘ncanna me le jètte;                                                    

fiquera pallune[4]  

làssele (o ‘ncanna, in gola) aglie patrune (proprietari della pianta).                                                                                                            

                *

L’una, le du’, le tré meluzza:

chi è fatta la queréia puzza?

I l’è fatta Basteiane,

chiglie che tè la queréia ‘mmane.

               *

‘Ndì ‘ndì ‘ndì,

arrìzzate, Marì.

Mitte glie callaróne,

c’addemane è Sant’Antuóne.[5]

                *

Pasqua Befania,

tutte le fèste se porta via.

Respónne Sant'Antuóne[6]:

- Ce sta la mia, ancora!

               *

Sètte, quattordece, vintuna, vintotte,

la maiéstra me dà le botte,

me le dà a sètte i a otte,

sètte, quattordece, vintuna, vintotte.

 



[1] Corniolo, che produce un legno durissimo, nell’antichità usato per fare frecce e ganci.

[2] Battiamo, percuotiamo.

[3] Con la corteccia spaccata, mature.

[4] Dure come un pallone, acerbe.

[5] Così cantavano i ragazzi girando per il paese la sera tardi del 16 gennaio (vigilia di S. Antonio) - in  Lino Ciccolini Arciprete, PESCOSOLIDO, Tradizione – Storia – Religione, Arpino 2001, p. 39.

[6] Sant’Antonio Abate si festeggia il 17 gennaio. Il Santo viene raffigurato con la barba bianca (simbolo della neve), la croce in una mano, il libro nell’altra e tanti animali domestici intorno  (maiale, pecora, cane, asino ecc.), dei quali è protettore. Nel passato, quando la scienza veterinaria era piuttosto limitata, il giorno di S. Antonio Abate si usava portare gli animali domestici a far benedire dal prete per proteggerli dalle malattie e dagli incidenti e poi, per devozione, si offrivano glie ranète (chicchi di mais cotti in acqua) ai ragazzi, che si presentavano con capaci recipienti (ma quanto più questi erano capaci, tanto più insignificante risultava l’offerta, in quanto anche tra contadini e pastori la miseria era tanta).